Cosa dice l’ordinanza del Tribunale di Roma che dichiara illeggittimi i respingimenti al confine con la Slovenia

Il Tribunale di Roma ha dichiarato illegittimi, con un’ordinanza del 18 gennaio scorso, i respingimenti di richiedenti asilo, rifugiati e migranti al confine con la Slovenia.

La pronuncia arriva a seguito di un ricorso presentato da un cittadino pakistano, richiedente asilo, riammesso nel luglio del 2020 dall’Italia alla Slovenia, e successivamente, da qui in Croazia e quindi in Bosnia, secondo un meccanismo consolidato di riammissioni a catena.
L’ordinanza dichiara illegittima la prassi adottata dall’Italia al confine italo-sloveno in attuazione dell’accordo siglato tra i due paesi del 3 settembre 1996 e mai ratificato dal Parlamento. In occasione dell’interrogazione parlamentare sul tema, il Ministero dell’Interno ha precisato che le riammissioni vengono effettuate “anche qualora sia manifestata l’intenzione di richiedere la protezione internazionale” e che se la richiesta di riammissione viene accolta dalle autorità slovene “non si provvede all’invito in Questura per la formalizzazione dell’istanza di protezione” di fatto dichiarando una esplicita violazione delle norme sul diritto d’asilo.

In particolare, nell’ordinanza si evidenziano i seguenti profili di illegittimità:

  1. l’accordo bilaterale fra il Governo italiano e quello sloveno, non essendo mai stato ratificato dal Parlamento, non può modificare o derogare alle leggi italiane, europee o derivanti da fonti di diritto internazionale. La prassi messa in atto dalle autorità italiane derivante da tale accordo viola diverse norme:
    1.1. La riammissione viene effettuata in assenza di un provvedimento amministrativo. Il riaccompagnamento forzato in Slovenia incide sulla sfera giuridica dei soggetti interessati, per questo motivo deve essere disposto con provvedimento amministrativo ai sensi della legge n.241/90 artt.2 e 3. Inoltre, andando ad incidere sulla libertà personale è necessaria la convalida di un giudice ma in assenza di un provvedimento impugnabile è negato allo straniero la possibilità di esercitare i suoi diritti e il diritto ad un ricorso effettivo in violazione dell’art.24 della Costituzione italiana, dell’art.13 della CEDU e dell’art.47 della Carta sui Diritti Fondamentali dell’UE.
    1.2. È negato il diritto al ricorso effettivo e all’esame individuale delle singole posizioni violando così anche il divieto alle espulsioni collettive sancito dall’art.19 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’UE e di non respingimento in caso lo straniero rischi di incorrere in trattamenti inumani e degradanti, rischio ben documentato da report, foto e video sulla situazione dei migranti e richiedenti asilo che attraversano i paesi della Rotta Balcanica.
  2. Nonostante l’art.6 par.3 della direttiva europea 2008/115/CE sui rimpatri consenta ad ogni Stato di adottare una decisione di rimpatrio nello Stato confinante dal quale lo straniero è arrivato qualora sussistano accordi bilaterali tra gli Stati stipulati prima dell’entrata in vigore della direttiva, lo Stato italiano è tenuto a rispettare la normativa interna e sovranazionale tenendo conto della situazione concreta nella quale verrà riammesso lo straniero – nel caso specifico la riammissione in Slovenia comportava delle riammissioni a catena fino in Bosnia, e metteva lo straniero nella condizione di subire abusi e violenze. Ma in particolare la riammissione informale non può mai essere applicata nei confronti di un richiedente asilo senza nemmeno considerare la sua domanda di protezione internazionale. Ciò comporta una esplicita violazione delle norme sovranazionali e dell’art.10 comma 3 della Costituzione italiana che stabilisce il diritto di chi vuole chiedere asilo ad entrare sul territorio italiano senza nessuna possibilità per l’amministrazione di intervenire a riguardo.
    2.1. È violato il diritto fondamentale del richiedente di accedere alla procedura di riconoscimento della protezione internazionale.
    2.2. È negata la possibilità di registrare la domanda di protezione internazionale in violazione della normativa interna e sovranazionale in materia. Allo straniero in arrivo dalla Rotta Balcanica va applicata la procedura prevista dal cd. Regolamento Dublino per la determinazione dello Stato membro competente all’esame della domanda. Secondo tale procedura qualora sia accertato che lo straniero abbia varcato illegalmente la frontiera arrivando da un paese terzo dell’UE, quest’ultimo è responsabile dell’esame della domanda. Ciò non significa che il richiedente vada riammesso senza formalità nel paese di primo ingresso, al contrario deve comunque essere registrata la domanda e garantita un’accoglienza. In ogni caso, ai sensi dell’art.3 del regolamento un richiedente non può essere trasferito in uno Stato membro ove rischi di subire trattamenti inumani e degradanti. La riammissione in Slovenia comporta purtroppo la riammissione a catena prima in Croazia e poi in Bosnia, paesi in cui le drammatiche condizioni dei migranti sono note e lungamente documentate.
    2.3. È violato il diritto al rilascio di un permesso di soggiorno provvisorio e all’accoglienza dal momento della manifestazione della volontà di chiedere asilo.

Infine, lo Stato italiano era in possesso di tutti gli elementi necessari – essendo la situazione sulla Rotta Balcanica tristemente nota – per sapere che la riammissione in Slovenia aveva una elevata possibilità di comportare per lo straniero il respingimento a catena fino in Bosnia e il rischio concreto di subire trattamenti inumani e degradanti. Proprio tale rischio giustifica l’emissione del provvedimento di urgenza: il giudice riconosce che senza un’immediata decisione il ricorrente avrebbe visto ledere i propri diritti fondamentali.

Per tutti questi motivi l’ordinanza stabilisce l’immediato ingresso sul territorio italiano del ricorrente. La gravità della condotta del Ministero ha determinato inoltre la condanna alle spese di lite.

Un’ordinanza importantissima che stabilisce l’illegittimità delle riammissioni informali che il Governo italiano ha condotto lo scorso anno al confine sloveno. Riammissioni che spesso sono solo il primo anello di drammatici eventi che riconducono i richiedenti asilo verso la Croazia e la Bosnia. Paesi dove le immagini di questi giorni ci ricordano quanto gravi siano le violazioni dei loro diritti fondamentali.

 

Per il testo dell’ordinanza clicca QUI.