“Prevenire la perdita di vite umane, anche tramite soccorsi in mare, è un imperativo umanitario e un obbligo morale e legale. Che siano migrazioni volontarie o forzate, formalmente autorizzate o no, tutti gli esseri umani devono essere rispettati nei diritti e nella dignità”; le morti di migranti in cerca di una vita migliore sono una “vergogna collettiva”. Si è espresso così il Segretario Generale delle Nazioni Unite, António Guterres, lo scorso 16 febbraio, presentando il proprio rapporto sul Global Compact for Safe, Orderly and Regular Migration (Patto Mondiale per una migrazione sicura, ordinata e regolare o Global Compact sulla Migrazione – GCM) ad una riunione plenaria informale dell’Assemblea Generale.
Il GCM è il patto promosso dalle Nazioni Unite per fissare le linee guida sulle politiche migratorie e promuovere una risposta globale coordinata al fenomeno. E’, in particolare, il risultato dei due anni di negoziati seguiti alla cosiddetta Dichiarazione di New York sui migranti e rifugiati con cui, nel settembre 2016, tutti i 193 stati membri delle Nazioni Unite concordarono all’unanimità di aderire a princìpi comuni in materia di migrazioni.
La versione finale del Global Compact è stata sottoscritta da 164 paesi durante la conferenza delle Nazioni Unite tenutasi a Marrakech il 10 e l’11 dicembre 2018. Come noto, alla conferenza furono assenti molti paesi membri dell’UE, tra cui l’Italia. Infatti, pur avendo partecipato a tutte le fasi dei negoziati, il governo italiano scelse poi, non senza divisioni interne, di non partecipare alla conferenza di Marrakech e di affidare la decisione al Parlamento, che decise di non aderire.
Il GCM, che non ha natura giuridica vincolante, identifica la migrazione come “parte dell’esperienza umana”; muovendo dal presupposto che “le sfide e le opportunità” dell’immigrazione debbano unire la comunità internazionale invece che essere divisive, attribuisce un ruolo chiave alla cooperazione tra gli Stati. I guiding principles su cui si fonda il GCM sono: la centralità delle persone, la cooperazione internazionale, il rispetto della sovranità nazionale, lo stato di diritto, il giusto processo e l’accesso alla giustizia, lo sviluppo sostenibile, il rispetto dei diritti umani, delle differenze di genere e dei diritti dei minori e, infine, un approccio multilaterale e partecipativo.
Richiamando gli impegni di principio assunti con la Dichiarazione di New York, il Global Compact stabilisce poi 23 obiettivi, ognuno dei quali associato ad un impegno specifico e ad una serie di azioni e buone pratiche per la sua realizzazione. Gli obiettivi includono, a titolo esemplificativo: la riduzione delle cause negative e i fattori strutturali che costringono le persone a lasciare il loro paese di origine, condizioni di assunzioni e tutele giuste ed etiche per assicurare ai migranti condizioni di lavoro dignitose, una migliore flessibilità e la disponibilità di vie legali per le migrazioni, la prevenzione, il contrasto e la repressione del traffico di esseri umani nel contesto della migrazione internazionale, la gestione integrata, sicura e coordinata delle frontiere, l’utilizzo della detenzione come ultimo rimedio e l’elaborazione di misure alternative alla stessa.
Nel riferire sui progressi attuati finora e sulle vecchie e nuove sfide legate alla gestione della migrazione, anche in relazione all’impatto e alle conseguenze prodotte dalla crisi pandemica, il rapporto del Segretario Generale fornisce 14 raccomandazioni incentrate sugli aspetti su cui appare necessario un maggiore impegno. Le raccomandazioni si incentrano su quattro aree prioritarie:
- Promuovere società inclusive e includere i migranti nella risposta al COVID-19: assicurare che a tutti i migranti sia garantito l’accesso ai servizi sanitari essenziali e alla continuità delle cure, indipendentemente dallo stato migratorio, e in linea con i principi della copertura sanitaria universale, nonché separare le attività di controllo dell’immigrazione dall’accesso ai servizi, inclusi i servizi di base.
- Promuovere una migrazione sicura e regolare: cooperare per espandere e diversificare processi di migrazione regolare basati sui diritti. Gli sforzi dovrebbero tendere, tra le altre cose, ad assicurare ai migranti condizioni di lavoro dignitose, a promuovere percorsi per i migranti colpiti da calamità, cambiamento climatico e degrado ambientale e quelli in altre situazioni di vulnerabilità, e il ricongiungimento familiare e la regolarizzazione per i migranti in situazione irregolare. Tra le raccomandazioni, anche l’esortazione agli Stati a rispettare l’obbligo di non respingimento alle frontiere e a fermare i rimpatri forzati in situazioni in cui la salute, la sicurezza, la dignità e i diritti umani dei migranti e delle comunità di origine e di transito non possono essere tutelati, nonché a difendere, in ogni momento, il superiore interesse dei minori.
- Prevenire la perdita di vite umane e altre tragedie durante le migrazioni: sviluppare meccanismi di sbarco chiari, sicuri e prestabiliti per le persone soccorse, nei quali gli Stati costieri si assumano pari responsabilità di fornire un porto sicuro, in conformità con il diritto internazionale e secondo principi di solidarietà, piuttosto che sulla base di approcci ad hoc che minano i diritti umani, primo tra tutti il diritto alla vita. Gli Stati vengono inoltre richiamati a rispettare i loro obblighi internazionali alle frontiere e lungo le rotte migratorie e ad assicurare la salvaguardia i diritti umani, contrastandone approcci basati sulla deterrenza, a non ostacolare gli sforzi di coloro che forniscono assistenza umanitaria e a non criminalizzarli.
- Sviluppare le capacità di attuare il GCM, attraverso la cooperazione tra tutti gli Stati e le parti interessate a tutti i livelli.
In un passaggio del rapporto, il Segretario Generale ha evidenziato che “il mondo di oggi è più interdipendente che mai e si confronta con sfide inestricabili e imprevedibili, che stanno minando il contratto sociale da cui dipendono la pace e il progresso collettivo. Non si possono costruire società più stabili, eque e giuste, né superare tali sfide, se la partecipazione, i contributi o il benessere di alcuni vengono ignorati. In particolare, narrazioni che ritraggono migranti esclusivamente nei termini di benefici percepiti che portano, come un onere o, peggio, come una minaccia, negano loro dignità e agency. Li espongono anche a discriminazione e pericolo, e sono contrari alla schiacciante evidenza che la migrazione contribuisce al benessere collettivo”.
Una riflessione che ispira l’impianto stesso del GCM che, da una parte, rileva l’inevitabilità delle migrazioni e, dall’altra, la loro ricchezza. Una ricchezza economica, demografica, sociale e culturale.
Il fatto che molti Paesi europei non abbiano voluto firmare questo documento descrive molto chiaramente il quadro, desolante, all’interno del quale le politiche nazionali ed europee in tema di migrazioni e asilo sono sviluppate. Un quadro in cui manca la consapevolezza di cosa siano le migrazioni – in termini storici, sociali e morali – e di conseguenza l’elaborazione di strumenti efficaci alla loro gestione. Una gestione che non può essere sempre e solo respingimento.
Il rapporto del Segretario Generale delle Nazioni Unite sul GCM è disponibile QUI
Il testo ufficiale del GCM è consultabile QUI
Foto in copertina CC Jim O’Neil