Dal 2014 chi occupa un immobile non ha più diritto a registrare la residenza nel luogo in cui vive; ad allacciarsi ai pubblici servizi (acqua, luce, gas); ad entrare in graduatoria per ottenere un alloggio popolare. Queste, infatti, sono le vergognose disposizioni previste nell’art.5 della legge n.80/2014 (nota come Piano Casa Renzi-Lupi) che ha comportato, come diretta conseguenza, l’aver acuito le situazioni di marginalità sociale di chi già si trovava in una situazione di precarietà.
Nel tempo questa norma è diventata un elemento di discriminazione anche per chi è costrett* ad accettare canoni di locazione in nero, vive in ospitalità o in situazioni non formalizzate, e pertanto non può fornire all’anagrafe un regolare contratto per vedersi riconosciuto il diritto alla residenza. Questa condizione di invisibilità amministrativa peggiora la qualità della vita, impedisce o ostacola l’esercizio di diritti fondamentali (inclusi quello all’istruzione, alla sanità e all’assistenza previdenziale) e compromette il funzionamento dell’anagrafe. Per chi è migrante, inoltre, costituisce spesso un ostacolo alla regolarizzazione, in quanto la residenza anagrafica è considerata – molto spesso in maniera del tutto illegittima – un requisito per ottenere i permessi di soggiorno, il loro rinnovo e i ricongiungimenti familiari.
L’art. 5 del decreto Lupi sancisce, dunque, l’utilizzo dell’istituto della residenza per inaccettabili fini punitivi, snaturando l’originaria funzione dell’anagrafe e privando migliaia di persone dei propri diritti fondamentali. Una norma che, peraltro, si pone in inquietante continuità con lo spirito, e il funzionamento, dei provvedimenti contro l’urbanesimo emanati nel 1939, e aboliti solo nel 1961, e che durante la pandemia ha rappresentato una concreta minaccia alla salute pubblica, rendendo difficoltosa la stessa possibilità di vaccinarsi per un’ importante parte degli abitanti delle nostre città.
La necessaria pressione esercitata in questi anni dalle mobilitazioni messe in campo da un’ampia coalizione di movimenti, associazioni, sindacati conflittuali e ong ha fatto sì che, il 7 giugno, il consiglio comunale di Roma approvasse una mozione che impegna sindaco e giunta a chiedere al governo nazionale la modifica dell’articolo 5 nonché la definizione dei criteri di una deroga da applicare ai soggetti “meritevoli di tutela”. Un risultato che abbiamo ritenuto un primo passo importante per giungere ad un provvedimento che possa dare impulso all’abolizione dell’articolo 5 a livello nazionale, a partire dalla specificità del caso romano: concetti ribaditi dalla piazza del Campidoglio stessa dove le persone colpite dall’articolo 5 hanno seguito la discussione della mozione, nonché in una successiva assemblea pubblica davanti all’anagrafe di via Petroselli.
Tuttavia, a un mese dalla votazione al Campidoglio, non è stato ancora emanato da parte del Sindaco l’atto con cui la deroga all’articolo 5 dovrà essere operativa.
È indispensabile che l’amministrazione dia presto seguito alla mozione approvata dal consiglio e riprenda il confronto con tutti i movimenti, e le organizzazioni, che hanno sostenuto questa campagna e continuato a dare il proprio contributo per trovare i migliori contenuti, e la forma più efficace, per rendere la deroga operativa ed efficace. Donne, uomini e bambini attendono questo provvedimento per fare finalmente ingresso nella sfera dei diritti. Se è indispensabile che l’amministrazione intervenga in maniera tempestiva ed efficace, è altrettanto importante che questo atto abbia specifiche caratteristiche sia dal punto di vista sostanziale sia per quanto riguarda la sua forma.
Con riferimento al primo tema, le persone escluse dall’anagrafe, i movimenti e le organizzazioni impegnate in questa vertenza, pensano sia necessaria l’individuazione di criteri di ampia portata, che consentano l’esercizio del diritto alla residenza al più alto numero possibile di persone, includendo nella deroga tutti coloro che rientrano nei criteri socioeconomici individuati per l’assegnazione di un alloggio popolare.
Per quanto riguarda la forma dell’atto, riteniamo che sia necessario emanare strumenti vincolanti – come un’ordinanza, o un regolamento – che diano indicazioni chiare e incontrovertibili agli uffici anagrafici deputati ad attuare la deroga.
L’occasione di ridare al più presto a migliaia di persone diritti indebitamente negati non può essere sprecata.
A Buon Diritto Onlus APS
ActionAid Italia
Asgi Lazio
ASIA-USB
Avvocato di Strada odv
Consiglio Italiano per i Rifugiati Onlus
Csa Brancaleone
Csa Astra
Enrico Gargiulo (Università di Bologna)
Focus-Casa dei Diritti Sociali
Lab. Puzzle
Medici Senza Frontiere Italia
Movimento per il Diritto all’Abitare
Nonna Roma