Dichiarazione congiunta della società civile sulla posizione del Consiglio in merito alla proposta di Regolamento sui rimpatri
Dicembre 2025
Le organizzazioni della società civile firmatarie provenienti da tutta Europa esprimono la più profonda preoccupazione per la direzione che stanno attualmente prendendo le discussioni sulla proposta di Regolamento sui rimpatri in seno al Consiglio dell’Unione Europea. Il compromesso preparato dalla Presidenza danese, che riflette emendamenti e posizioni avanzate da diversi Stati membri, rappresenta un deterioramento grave e senza precedenti delle garanzie, delle tutele giuridiche e degli standard di rispetto dei diritti fondamentali nelle politiche dell’Unione Europea in materia di rimpatrio e nel più ampio quadro legislativo.
La proposta della Commissione Europea aveva già segnato un significativo passo indietro, indebolendo le garanzie previste, introducendo misure più punitive e restringendo ulteriormente lo spazio per approcci fondati sul rispetto dei diritti nell’assetto dell’UE in materia di rimpatrio. Le istituzioni europee e i co-legislatori hanno l’opportunità di affrontare tali carenze e adottare un’impostazione maggiormente improntata al rispetto dei diritti durante i negoziati. Tuttavia, la maggioranza degli Stati membriha ritenuto sufficienti le modifiche propose. Siamo allarmati dal fatto che gli Stati membri stiano sistematicamente indebolendo e, in alcuni casi, eliminando del tutto le già limitate garanzie contenute nella proposta. Anziché rafforzare gli obblighi dell’UE in materia di diritti umani, il Consiglio sta promuovendo disposizioni che:
- Aumentano il rischio di trattenimento a tempo indeterminato, ampliando l’ambito di applicazione del trattenimento e prolungandone la durata oltre i 24 mesi proposti dalla Commissione, con un’ulteriore estensione di sei mesi, ben oltre l’attuale limite di 18 mesi. È particolarmente rilevante segnalare che il periodo massimo di trattenimento potrebbe applicarsi separatamente in ciascuno Stato membro. Ciò potrebbe comportare che le persone, passando da uno Stato membro all’altro, siano trattenute a tempo indefinito, ben oltre quanto sia necessario, proporzionato o conforme al diritto dell’UE e alla giurisprudenza delle corti europee.
- Indeboliscono il diritto a un ricorso effettivo e la protezione contro il respingimento, compromettendo valutazioni accurate e individualizzate del rispetto del principio di non-refoulement attraverso l’introduzione di numerose eccezioni e l’eliminazione delle verifiche d’ufficio. Inoltre, la proposta limita ulteriormente l’effetto sospensivo dei ricorsi ed elimina i termini minimi entro i quali i cittadini di paesi terzi possono presentare un ricorso, con la conseguenza che le persone potrebbero essere deportate prima di avere l’opportunità di contestare la decisione o di esercitare il proprio diritto a un ricorso effettivo.
- Ampliano in modo significativo la gamma di obblighi imposti ai cittadini di paesi terzi per dimostrare la propria cooperazione durante la procedura di rimpatrio. Se applicate, tali misure riguarderebbero quasi tutte le persone in situazione di irregolarità, includendo obblighi che vanno oltre quello che può ragionevolmente essere considerato il loro controllo, ad esempio l’assenza di una residenza o di un indirizzo affidabile, condizioni in cui si trovano molte persone richiedenti asilo. Coloro che venissero giudicati “non cooperativi” potrebbero subire pene severe, tra cui il trattenimento o sanzioni penali e finanziarie.
- Compromettono un sistema comune di rimpatrio, introducendo per gli Stati membri la possibilità di ricorrere in molti casi al diritto nazionale, per quanto riguarda ad esempio i presupposti per l’applicazione di una misura detentiva, gli obblighi di cooperazione e le sanzioni finanziarie, con il rischio di minare la certezza del diritto, la coerenza e l’applicazione uniforme delle politiche europee in materia di rimpatrio.
- Introducono all’interno diritto dell’Unione Europea la possibilità di istituire centri di deportazione (“hub di rimpatrio”) in paesi terzi, nonostante i gravi rischi per i diritti umani che tali strutture comporterrebbero e in violazione di principi fondamentali del diritto internazionale, quali il divieto di respingimento e di detenzione arbitraria.
Le criticità sopra evidenziate sono solo alcuni esempi dei numerosi elementi preoccupanti della proposta legislativa che gli Stati membri stanno attualmente discutendo. Alcuni di questi sviluppi sono in contrasto con i diritti fondamentali garantiti dal diritto primario dell’UE, inclusa la Carta dei Diritti Fondamentali, nonché con l’evoluzione della giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea e della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Essi rischiano inoltre di generare una rilevante mole di contenzioso nella fase successiva all’adozione, aumentando la complessità del sistema, aggravando le differenze tra gli Stati membri e ponendo ulteriori oneri sul sistema giudiziario.
Siamo profondamente preoccupati dal fatto che le discussioni in seno al Consiglio mostrino una così scarsa considerazione per la sicurezza, la dignità e i diritti delle persone, e falliscano nel tutelare i valori fondamentali dell’Unione Europea. Invece di costruire un sistema di rimpatrio equo, funzionale e umano, gli Stati membri stanno promuovendo un approccio strettamente punitivo, sempre più orientato all’esternalizzazione delle responsabilità verso Paesi esterni all’Europa e che privilegia il rimpatrio forzato rispetto al ritorno volontario. L’idea secondo cui regole più severe, misure coercitive, detenzione a tempo indeterminato e garanzie indebolite possano aumentare i tassi di rimpatrio è fuorviante e priva di basi empiriche. I sistemi di rimpatrio rispettosi dei diritti si fondano sulla fiducia, su procedure eque, su un trattamento dignitoso e su percorsi di protezione credibili. Un approccio arbitrario, punitivo o non sicuro non potrà che spingere le persone verso l’irregolarità e la marginalità, ridurre la cooperazione e compromettere gli stessi obiettivi che gli Stati membri dichiarano di voler perseguire in materia di rimpatrio.
Invitiamo le istituzioni dell’UE e gli Stati membri a:
- Evitare un’attenzione eccessiva e dannosa ai tassi di rimpatrio come unico indicatore di efficacia delle politiche di rimpatrio e sviluppare invece un approccio che metta al centro la loro sostenibilità e conformità al rispetto dei diritti umani, con un’enfasi sulla protezione, sui canali legali e sulle misure di integrazione.
- Dare priorità a rimpatri dignitosi, sicuri e sostenibili, fondati sul sostegno alla reintegrazione, sul ritorno volontario e sul rispetto della dignità e dei diritti umani, anziché sui rimpatri forzati.
- Ripristinare e rafforzare le garanzie a tutela dei diritti fondamentali nella proposta di Regolamento sui rimpatri, comprese solide valutazioni del rispetto del principio di non-refoulement, ricorsi effettivi con effetto sospensivo automatico e limiti rigorosi alla detenzione, affinché resti una misura di ultima istanza, soggetta a stringenti requisiti di proporzionalità e necessità e applicata per il tempo più breve possibile.
- Garantire la certezza del diritto e la conformità al diritto internazionale e dell’UE, comprendendo la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea e della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.
Dal momento che i negoziati stanno entrando nella loro fase finale, chiediamo agli Stati membri di riconsiderare l’attuale direzione delle trattative e di rispettare l’impegno dell’Unione europea a favore dei diritti umani, dello stato di diritto e della dignità di tutte le persone. Un sistema di rimpatrio che ignora il rispetto dei diritti fondamentali non è solo illegittimo, ma anche impraticabile, insostenibile e incompatibile con le regole e i valori su cui si fonda l’Unione Europea.
Elenco dei firmatari:
Africa Solidarity Centre Ireland (ASCI)
ASGI
AWO Bundesverband e.V.
BRD-Sweden
Caritas Europa
Center for Legal Aid ” Voice in Bulgaria
Centre for Peace Studies, Croatia
Churches´Commission for Migrants in Europe (CCME)
Collectif de sauvegarde de la LADDH
Comisión Española de Ayuda al Refugiado (CEAR)
Community Rights in Greece
Croatian Law Centre
Danish Refugee Council (DRC)
Diakonie Deutschland
Dutch Council for Refugees
ECRE
EGCSO European-Global Civil Society Organization
EuroMed Rights
European-Global Civil Society Organization
Extranjeristas en Red
FARR, the Swedish Network of Refugee Support Groups
FEANTSA (European Federation of National Organisations Working with the Homeless)
Female Fellows e.V
Finnish Refugee Advice Centre
Forum réfugiés
France terre d’asile
Greek Committee for International Democratic Solidarity
Greek Council for Refugees (GCR)
Greek Forum of Refugees
Gruppo Melitea
HIAS Greece
Human Rights Legal Project
Human Rights Watch
ICMC Europe
IRC – International Rescue Committee
Italian Council for Refugees
Italiani Senza Cittadinanza
Jesuit Refugee Service (JRS) Europe
JRS Belgium
JRS Croatia
Karama – Collective Solidarity
Klikaktiv
Macedonian Young Lawyers Association
Mediterranea Bruxelles
Mesdhe
Migr/Azioni
Migrante Netherlands
Migration Inc.
Migration Policy Group – MPG
Ocalenie Fundation
Oxfam
Palestina e lire
Passerell
Pinay sa Holland-GABRIELA
Portuguese Refugee Council (CPR)
PRO ASYL National Working Group on Refugees
Right to Protection Charitable Foundation
Safe Passage International
Schweizerische Flüchtlingshilfe
Support Group Network (SGN)
Swedish Refugee Law Center
Symbiosis-Council of Europe School of Political Studies in Greece
The Palestinian Human Rights Organization – PHRO
Vluchtelingenwerk Vlaanderen
WeMove Europe
80:20 Educating and Acting for a Better World