Il Consiglio Italiano per i Rifugiati giudica una norma positiva ma parziale, quella che renderà possibile la regolarizzazione di molti lavoratori nel nostro Paese. Positiva rispetto al drammatico problema dei migranti sfruttati in agricoltura e di quanti lavorano nelle nostre case, ma una norma che avremmo voluto più avanzata e che, così strutturata, darà risposte solo a una parte di chi vive ai margini in Italia. Molti dei quali divenuti irregolari a causa dei Decreti Salvini.
Il limite più evidente del decreto approvato ieri consiste nell’ampiezza della platea destinataria tali misure: la regolarizzazione si applicherà infatti esclusivamente ai lavoratori impiegati nell’agricoltura, nei servizi domestici e di cura, lasciando senza alcuna possibilità di legalità le migliaia di persone che lavorano nell’edilizia, ristorazione, logistica, commercio e in tanti altri settori produttivi.
La norma, di cui stiamo attendendo ancora la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, dovrebbe prevedere un secondo canale di legalizzazione: il rilascio di un permesso di soggiorno per ricerca occupazione semestrale, ma solo per coloro che hanno perso un permesso di soggiorno dopo ottobre 2019 e che possono dimostrare un precedente lavorativo nei settori dell’agricoltura e lavori domestici. Un’accezione troppo ristretta che lascia fuori decine di migliaia di persone che in Italia hanno investito molto e stavano costruendo un percorso positivo di integrazione.
“Una norma che avremo voluto più comprensiva, anche se riconosciamo l’intenso lavoro realizzato dai Ministeri interessati che indubbiamente ha molto migliorato le bozze circolate in queste settimane” commenta Valeria Carlini portavoce del CIR “come CIR avevamo chiesto un intervento che prevedesse categorie più ampie che permettessero di sanare anche le tante situazioni di irregolarità create dai Decreti Sicurezza. Crediamo che debbano essere introdotte urgentemente nuove forme giuridiche in grado di non creare, da qui a breve, altre migliaia di irregolari (come avevamo proposto QUI). Confidiamo che il Parlamento possa migliorare il decreto in fase di conversione”.
Positivo il rimando al piano triennale di contrasto allo sfruttamento lavorativo in Agricoltura, come strumento per contrastare le indignitose condizioni in cui sono spesso costretti a vivere quanti impiegati nella raccolta agricola. Come CIR riteniamo che sia determinante che questa parte non rimanga lettera morta, ma che da subito vengano previsti alloggi dignitosi attraverso il recupero del patrimonio pubblico e la riqualificazione dei borghi rurali.
Avremmo voluto un intervento ancora più incisivo, che prevedesse strumenti di maggiore tutela e più efficaci per contrastare il caporalato. Come un’intermediazione dei Centri per l’Impiego e la previsione di un più serrato monitoraggio dei rapporti lavorativi, da parte degli enti preposti, volto a verificare la garanzia dei diritti delle persone impiegate.
“Infine è evidente che nessuna regolarizzazione può essere risolutiva se non si iscrive in una revisione delle politiche migratorie che parta dall’introduzione di efficaci modalità di accesso legale al territorio e preveda la possibilità di convertire i permessi di soggiorno che autorizzano allo svolgimento di attività lavorative” conclude Valeria Carlini.