Lo stesso giorno in cui sono partiti gli ultimi militari della coalizione, quando ancora tutti abbiamo negli occhi le immagini drammatiche delle evacuazioni, si è tenuto il Consiglio GAI dell’UE per discutere gli sviluppi in Afghanistan soprattutto le potenziali implicazioni di tema di “protezione internazionale, migrazione e sicurezza”.
Il Consiglio Italiano per i Rifugiati (CIR) è gravemente preoccupato per la strategia che l’UE sembra definire in tema di protezione e di sostegno al dramma dei rifugiati afgani.
Il filo conduttore di tutto il documento è infatti il rafforzamento del supporto ai Paesi terzi, in particolare i Paesi confinanti e di transito. L‘UE vuole rinforzarne i sistemi di protezione e di accoglienza, nonché rendere sostenibile il livello di vita sia per i rifugiati che per le comunità ospitanti. Cooperando, allo stesso tempo, per evitare la migrazione illegale dalla Regione, per rinforzare le capacità di controllo alle frontiere e per prevenire il traffico di migranti.
Bisogna ricordare quali sono i principali Paesi confinanti e di transito, per capire che tipo di protezione, accoglienza e sostenibile livello di vita, possano effettivamente essere ipotizzati. Parliamo di Pakistan, che già ospita 1.400.000 rifugiati afgani, Iran, che ne ospita 780mila, e Turchia che accoglie più di 3milioni di rifugiati.
Unica assunzione diretta di responsabilità è il riferimento, peraltro piuttosto timido, al resettlement quando viene detto che “supporto dovrebbe essere fornito nella forma del resettlement su base volontaria”.
È impossibile non vedere in questo disegno la riproposizione di un modello in cui obiettivo primario è cercare di impedire l’accesso al territorio dell’UE e di rafforzare il controllo alle frontiere.
Se è importante garantire forme legali e sicure d’ingresso, quali il resettlement, i corridoi umanitari e anche l’utilizzo di visti (da quelli per ricongiungimento, studio o umanitari), non si possono creare barriere e muri ai possibili movimenti spontanei dei rifugiati. I canali d’ingresso legali e protetti non possono in alcun modo esaurire le necessità di protezione di una crisi come quella afghana.
L’UE deve pienamente garantire l’accesso al territorio e alla protezione internazionale. È essenziale che i cittadini afghani possano accedere al territorio degli Stati membri e che sia scrupolosamente rispettato il principio di non-refoulement.
Auspichiamo che l’UE sia in grado di stabilire un piano di protezione ben più complesso e ambizioso, in linea davvero con i suoi principi e le normative internazionali e comunitarie.
Come ha sottolineato il Presidente Mattarella “Una cosa appare sconcertante e si registra nelle voci dei politici europei: è la grande solidarietà nei confronti dei diritti degli afgani che perdono diritti e libertà, ma che restano là. Questo non è all’altezza dei valori dell’Unione”.